Si definisce tachicardia
sinusale l’incremento della frequenza cardiaca
basale oltre i 100 battiti al minuto sostenuta da alterazioni a carico
del nodo del seno o da circuiti di rientro nodali del seno.
Le alterazioni sono limitate a riduzione della durata del ciclo
cardiaco ed a alterazioni della morfologia della P e del suo
orientamento, spesso inclinato, con seguente QRS a normale morfologia.
TACHICARDIA ATRIALE
Si definisce tachicardia
atriale il patologico incremento della
frequenza atriale al di sotto dei 240 battiti, sostenuto da alterazioni
della conduzione atriale, generalmente di tipo focale, con alterzioni
morfologiche dell’onda P, con frequenza ventricolare compresa tra 150 e
180 battiti al minuto.
La tachicardia atriale è molto frequente negli
adulti ove generalmente è di tipo parossistica mentre nei giovani è
rara e di tipo incessante.
FLUTTER ATRIALE
Si definisce flutter
atriale il patologico incremento della frequenza
atriale compreso tra 240
e 350 battiti al minuto, sostenuto da
alterazioni della conduzione atriale da macrocircuito di rientro istmo
cavo tricuspidale, distinto in comune e non comune quando
il senso di
percorrenza elettrica del macrocircuito è rispettivamente antiorario o
orario.
All'ECG
si visualizzano le onde F che
apppaiono morfologicamente come denti di sega a prevalente negatività
rispetto alla isoelettrica nella forma comune (orario) e a
prevalente
positività nella forma non
comune (antiorario).
Oltre a questa forma
tipica ne esiste una incisionale,
generalmente post chirurgica dove il
macrocircuito e dovuto ad esito cicatriziale fibrotico ed una forma
atipica
dove i macrocircutito non è ne cicatriziale ne istmo cavo
tricuspidale e mancano le onde F nelle derivazioni inferiori.
La
conduzione dell’impulso dall’atrio al ventrico ha un rappporto
generalmeente di 2 a 1 con frequenza ventricolare intorno a 150 battiti al
minuto. Può
recedere spontaneamente o dopo cardioversione o evolvere in
fibrillazione atriale.
FIBRILLAZIONE ATRIALE
Si definisce fibrillazione
atriale il patologico incremento della
frequenza atriale al di sopra dei 350
battiti al minuto con
trasmissione dell’impulso al ventricolo incostante ed etereogenea, con
frequenza
ventricolare tra 150 e
180 battiti al minuto, irregolare
e variabile.
L'ECG
si caratterizza per la presenza di numerose e frequenti
oscillazioni della
isoeltettrica con presenza di onde F più frequenti e disomogenee
rispetto al flutter atriale, assenza di onde P, complessi QRS ad alta
frequenza e ritmo irregolare.
L’aritmia ventricolare, sostenuta da
variabilità nella conduzione dello stimolo dall’atrio al ventricolo può
essere palpatoriamente apprezzata ai polsi periferici.
La fibrillazione atriale parossistica
è molto frequente ed insorge in
genere in seguito ad eventi tachicardizzanti (sforzi fisici, emozioni,
febbre etc …)
La fibrillazione atriale persistente
è invece soventemente associata ad
altre patologie cardiache (miocardiopatia dilatativa, difetti settali,
insufficienza mitralica etc …).
La fibrillazione atriale causa alterazioni emodinamiche con riduzione
della gittata e può complicarsi con sincope ed embolia sistemica.
Nella
fibrillazione
parossistica è spesso identificabile una causa scatenante
e la
fibrillazione recede con la cessazione dello stimolo, raramente
determina embolizzazione, può determinare sincope per cessazione
improvvisa della fibrillazione, richiede terapia antiartmica meno
frequentemente rispetto alla forma permanente.
La fibrillazione
permanente di recente insorgenza è mal tollerata e può
portare a edema
polmonare acuto o sincope necessita di cardioversione farmacologia ed
in caso di insuccesso elettrica.
La fibrillazione
permanente cronica, di durata superiore a sei mesi, è
in genere ben compensata, soprattutto nelle cardiopatie con dilatazione
dell’atrio sinistro, è comunque a rischio di embolia sistemica e
necessita di cardioversione farmacologica o elettrica.
Prima di eseguire la cardioversione, nelle fibrillazioni che durano da
più 3 giorni, e necessario valutare ecograficamente la presenza di
eventuali coaguli, che dopo la cardioversione, con il ripristino della
normale emodinamica, possono determinare embolia sistemica.
In caso di insuccesso della cardioversione farmacologia ed elettrica si
può ricorrere ad ablazione del nodo atrioventricolare, bloccando così
la progressione dell’impulso al ventricolo, seguita da impianto di
pacemaker.